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Il paradosso della produttività: efficienza tecnologica vs. benessere

produttività

Negli ultimi due anni, mediamente, in molti settori industriali la produttività aziendale, anche grazie all’IA, è aumentata del 35%, i tempi di risposta ai Clienti si sono dimezzati e i costi operativi sono stati ridotti del 20%. Numeri impressionanti, frutto della digitalizzazione e degli investimenti in automazione. MA (e c’è sempre un “ma…“), il turnover del personale è aumentato del 15%.
Ora, se si lavora “meglio” e l’intelligenza artificiale ha snellito (o ridotto significativamente) quella parte di lavori noiosi e ripetitivi, perché le persone cambiano lavoro? Sembra una contraddizione apparente ma in realtà è un fenomeno che racconta una storia che molte aziende italiane stanno vivendo sulla propria pelle: l’efficienza tecnologica e il benessere umano non sempre procedono di pari passo, anzi, spesso sembrano muoversi in direzioni opposte, creando il paradosso della produttività moderna.

Certamente, le aziende si trasformano radicalmente grazie alla tecnologia, ma questa trasformazione può generare effetti collaterali inaspettati: l’ottimizzazione dei processi, l’automazione delle routine, l’accelerazione dei flussi di lavoro producono risultati misurabili e tangibili che soddisfano gli azionisti e gli analisti finanziari. Ma cosa accade alle persone che lavorano in questi sistemi iper-efficienti? L’aumento della produttività tecnologica spesso coincide con una diminuzione del senso di realizzazione personale e dell’engagement dei collaboratori, come se stessimo costruendo macchine perfette per produrre valore economico, ma dimenticando che all’interno di queste macchine ci sono esseri umani con bisogni, aspirazioni e limiti che la tecnologia non può semplicemente ignorare.

Uno degli aspetti più insidiosi di questo paradosso è che spesso i suoi effetti negativi non sono immediatamente visibili nei bilanci aziendali. Quando introduciamo algoritmi che ottimizzano le risorse, i benefici sono evidenti e misurabili fin da subito, ma i costi in termini di stress, burn-out e diminuzione della creatività emergono gradualmente, spesso quando è troppo tardi per correre ai ripari.

La soluzione a questo paradosso non è certamente tornare indietro o rinunciare ai benefici della tecnologia, ma piuttosto sviluppare una visione più sofisticata di cosa significhi “produttività” nell’economia della conoscenza. L’intelligenza artificiale rappresenta un’opportunità straordinaria per risolvere il paradosso della produttività ma solo se viene implementata con una visione umanistica piuttosto che puramente tecnologica. Tuttavia, questo potenziale si realizza solo se la sua implementazione è accompagnata da investimenti in formazione, riqualificazione, e ridefinizione dei ruoli che mettano al centro le competenze umane. Non basta automatizzare processi; bisogna ri-progettare interi ecosistemi lavorativi che amplifichino le capacità umane invece di sostituirle.

Il futuro del lavoro dipenderà dalla nostra capacità di risolvere questo paradosso costruendo organizzazioni che siano simultaneamente efficienti e umane. Questo richiede leadership che sappia bilanciare l’urgenza dei risultati con la pazienza necessaria per investire nelle persone e una cultura aziendale che veda la tecnologia come amplificatore delle capacità umane piuttosto che come sostituto. Le aziende che riusciranno in questa sfida non solo avranno performance superiori, ma diventeranno anche i luoghi di lavoro preferiti dalle migliori competenze del mercato – e se non mi credete, chiedete ai vostri colleghi delle Risorse Umane quali sono i desideri maggiori dei giovani candidati che intervistano (spoiler: la retribuzione non è più solidamente in prima posizione come nelle generazioni precedenti – andate a leggere il Deloitte Global GenZ and Millennial Survey 2024).

In un’epoca in cui la guerra per i talenti si intensifica e la sostenibilità diventa imperativo competitivo, la capacità di coniugare produttività tecnologica e benessere umano rappresenta probabilmente il vantaggio competitivo più duraturo che un’azienda possa sviluppare. Perché, in fondo, la vera produttività non è quanto riusciamo a spremere dalle persone, ma quanto riusciamo a liberare del loro potenziale.

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