Nella logica frenetica del consumismo contemporaneo, siamo culturalmente programmati a interpretare qualsiasi “passo indietro” come una sconfitta. I media celebrano con titoloni da prima pagina le espansioni aggressive, mentre le storie di successo basate su scelte strategiche di concentrazione raramente fanno notizia. Eppure, guardando dietro le quinte di molte aziende di successo, emerge un pattern illuminante: momenti cruciali in cui hanno avuto la lucidità strategica di abbandonare ciò che funzionava “abbastanza bene” per concentrarsi su ciò che poteva funzionare “eccezionalmente bene“.
Tutti ricordiamo il celebre ritorno di Steve Jobs in Apple nel 1997, quando trovò un’azienda dispersa in una miriade di prodotti mediocri. La sua prima mossa? Concentrare oltre il 70% delle risorse su pochi prodotti con potenziale eccezionale, abbandonando il resto. Il risultato è storia di un successo straordinario che ha ridefinito interi settori.
Nel corso degli anni ho osservato lo stesso pattern ricorrente nel mercato a me vicino – il che ha catturato la mia attenzione professionale: perché c’è resistenza nel considerare la “concentrazione strategica” come una leva di crescita accelerata? Espandersi in nuovi mercati, aumentare il catalogo prodotti, moltiplicare le iniziative – questi sono i “mantra” che risuonano nelle presentazioni aziendali e nelle riunioni con gli investitori.
Ma esiste una verità controintuitiva che merita maggiore attenzione: spesso, il percorso verso una crescita sostenibile e accelerata passa attraverso scelte deliberate di concentrazione e specializzazione strategica.
Perché è così complesso abbracciare la focalizzazione strategica? La risposta risiede in quello che gli esperti definiscono la sindrome del cavallo morto – una metafora utilizzata nel management per descrivere la tendenza a continuare investimenti in progetti o strategie non più performanti. Invece di riconoscere l’evoluzione del contesto e riallocare risorse verso opportunità superiori, si tenta di “rianimare” iniziative obsolete, disperdendo energie preziose e perdendo il momento giusto per grandi innovazioni.
La fallacia dei costi sommersi (“abbiamo investito troppo per cambiare ora“), l’illusione che con “solo un altro sforzo” un progetto marginale diventerà finalmente eccellente, e il timore del giudizio esterno, rappresentano i principali ostacoli a decisioni strategicamente necessarie per il futuro di crescita di un’organizzazione.
La capacità di praticare la discontinuità strategica intelligente, invece, è probabilmente la competenza manageriale più sottovalutata nel panorama competitivo attuale e personalmente ho visto fin troppe aziende disperdere talenti eccezionali in direzioni multiple, diluendo il proprio potenziale fino a perdere qualsiasi vantaggio competitivo distintivo. Come mi ha confidato un imprenditore di successo recentemente: “Non era difficile capire su cosa concentrarmi – era difficile avere il coraggio di scegliere“. Proprio in questa scelta consapevole risiede il paradosso virtuoso per cui riconoscere priorità strategiche e concentrare risorse non significa limitarsi, ma scegliere deliberatamente dove primeggiare.
Le nostre eccellenze italiane non nascono mai dall’imitazione di modelli standardizzati, ma dalla scelta coraggiosa di percorsi autentici e innovativi dei nostri imprenditori, spesso attraverso l’abbandono di strade apparentemente sicure ma generiche. Come la straordinaria storia dei Barolo Boys che, se vi interessa approfondire, potete scoprire qui nel documentario narrato da Joe Bastianich – un esempio perfetto di come la discontinuità strategica possa trasformare un settore tradizionale in un’eccellenza mondiale.
Mentre il mantra della crescita indifferenziata continua a dominare convegni e pubblicazioni di business, sono sempre più convinto che il percorso verso risultati straordinari passi attraverso la capacità di concentrare intelligentemente le proprie energie e tracciare una rotta distintiva e audace. Non si tratta di contrazione o ridimensionamento – si tratta di accelerazione strategica attraverso la focalizzazione. E potrebbe rappresentare la mossa più intelligente e coraggiosa per trasformare potenziale disperso in risultati eccezionali.