Mi risuonano spesso in mente le parole di un mio professore: “La storia ci insegna che alla base di tutto quello che succede nel mondo non c’è la politica, l’idealismo, la religione o lo stato – c’è l’economia, perché alla fine l’economia prevale sempre su tutto“. All’epoca mi sembrava una visione un po’ cinica, ma oggi, guardando i mercati globali, devo ammettere che aveva ragione.
Se pensiamo a quello che sta accadendo nel mondo in questo momento, dovremmo essere terrorizzati dal punto di vista finanziario: la guerra in Ucraina continua, Gaza rimane un focolaio di tensioni, Trump ha annunciato nuovi dazi, la Cina fa parate militari sempre più imponenti, l’Unione Europea vive crisi politiche continue con i suoi principali paesi membri in difficoltà. Eppure, stranamente, i mercati non solo non collassano ma crescono. L’indice MSCI World Index, che monitora circa 1.300 aziende di grandi e medie dimensioni in 23 paesi sviluppati, è salito di oltre l’11% negli ultimi sei mesi.
Come è possibile? La risposta è che l’economia ha sviluppato una sorta di sistema immunitario sofisticato e i mercati finanziari funzionano come filtri della realtà, capaci di distinguere tra quello che conta davvero e quello che è solo rumore di fondo. Quando leggiamo di crisi geopolitiche sui giornali, spesso ci facciamo prendere dall’emotività del momento, ma i mercati valutano con freddezza se questi eventi influenzeranno concretamente la capacità delle aziende di produrre valore nel lungo termine.
La storia ci offre numerosi esempi di questa dinamica. Dopo l’11 settembre, i mercati si sono ripresi ai livelli precedenti in poche settimane. Durante la Guerra del Golfo del 1991, il recupero è avvenuto in soli otto giorni di trading. Anche la crisi dei missili cubani del 1962, nonostante la minaccia nucleare concreta, ha causato solo un calo dell’1,2% del Dow Jones, seguito da guadagni del 10% per il resto dell’anno.
Quello che i mercati hanno “capito”, e che spesso sfugge ai commentatori politici, è che la maggioranza delle notizie che leggiamo, la stragrande maggioranza dei proclami politici che ci arrivano e la quasi totalità dei movimenti politici sono effettivamente solo rumore di fondo, sostanzialmente ininfluenti su quello che accade nell’economia reale e nel lavoro quotidiano delle persone e delle imprese.
I mercati si concentrano sui fondamentali: crescita degli utili aziendali, innovazione tecnologica, produttività, tassi di interesse reali. Questi fattori determinano la creazione di valore nel lungo periodo, indipendentemente dal dramma politico del momento. Quando Trump ha annunciato nuovi dazi ad aprile 2025, i mercati sono inizialmente crollati del 4,84%, ma hanno registrato una delle più grandi riprese della storia quando è diventato chiaro che si trattava di tattiche negoziali al limite della propaganda piuttosto che di politica economica vera.
Questa capacità dei mercati di filtrare la realtà ci offre una lezione preziosa: in un’epoca di notizie continue e amplificazione mediatica, dobbiamo imparare a distinguere anche noi tra ciò che è davvero importante per il nostro futuro e quello che è semplicemente teatro politico destinato a svanire.